Un impiegata asl sospesa per non aver fatto il vaccino anti Covid, prima si vede negare lo smart working, poi la richiesta di occuparsi mansioni alternative.
Ora però quella sospensione è stata dichiarata illegittima dal tribunale di Torino. L’azienda sanitaria dovrà pagarle gli stipendi arretrati dal 1°gennaio al 2 novembre 2022.
Cruciale per la sentenza, che ribalta completamente la precedente decisione della Corte d’appello. Il riferimento, fatto dalla giudice Lucia Mancinelli, della sezione lavoro, al decreto legge 44 del 2021 che aveva esteso l’obbligo del vaccino a tutto il personale impiegato nel servizio in ambito sanitario.
La conclusione è stata che il vaccino anti Covid doveva essere considerato obbligatorio per chiunque lavorasse in edifici, complessi e insediamenti urbanistici in cui erano erogate prestazioni in regime di ricovero ospedaliero, ambulatoriale e residenziale.
L’impiegata però aveva funzioni esclusivamente amministrative e lavorava in una struttura di Sistemi informatici e tecnologie integrate in un edificio a parte. Ecco perché avrebbe avuto, e ha, secondo questa sentenza , diritto alla retribuzione.
Non era stata ammessa allo smart working e non le erano state assegnate mansioni alternative. E’ stata sospesa e senza stipendio. A seguito della scelta di non sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid-19, la dipendente di una Asl torinese è stata vittima discriminazione palese e abnorme. Peraltro impiegata nel settore dei Sistemi informatici e delle tecnologie integrate, senza contatti con pazienti e sanitari.
Una delle migliaia di casi del genere, ma ora l’azienda sanitaria, condannata a corrispondere per intero gli stipendi dovuti per l’intera durata del periodo di sospensione, dal primo gennaio al 2 novembre 2022, dovrà pagare. Giudicata dunque illegittima. E’ quanto sancito dal giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Torino, Lucia Mancinelli, lo scorso 12 settembre. A conclusione del ricorso presentato dalla donna sospesa per inottemperanza all’obbligo vaccinale contro la Asl di Torino.
La donna, assistita dagli avvocati Fabio Pansera e Valerio Savino, era stata assunta sin dal 2008 e ha sempre svolto funzioni essenzialmente amministrative in un edificio in cui, dunque, non poteva esservi alcun contato con pazienti, malati e degenti
Dunque, per come è articolata la sentenza, si fa presente che il decreto legge 44 del 2021 che aveva esteso l’obbligo del vaccino a tutto il personale che prestava servizio in ambito sanitario. Ovvero per chiunque lavorasse in “edifici, complessi e insediamenti urbanistici” in cui erano erogate prestazioni in regime di ricovero ospedaliero, ambulatoriale e residenziale, non poteva pertanto riferirsi alla donna. L’impiegata lavorava in un edificio che non prevedeva alcuna prestazione simile.
La donna come lavora come coadiutore amministrativo: nello specifico si occupa di emettere ordini e liquidazioni, acquisire preventivi, curare i rapporti con fornitori e tecnici biomedici, come si legge su La Stampa. A novembre 2022, per via del decreto legge numero 162, l’asl reintegra lei e tutti i sanitari, sul posto di lavoro. Ma in quei dieci mesi hanno rifiutato le richieste della donna di essere assegnata ad altra mansione o di proseguire l’attività in smartworking .
La difesa della Asl si è resa protagonista di un clamoroso autogoal. Ha sostenuto che l’obbligo si estendesse al “personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all’articolo 8 ter del decreto legislativo del 30 dicembre 1992, numero 502”. Intendendo per “strutture” non un luogo fisico, bensì il soggetto giuridico che gestisce servizi sanitari e socio sanitari. Non è così per il giudice Lucia Mancinelli, che nelle motivazioni rigetta la tesi della difesa della Asl. Inoltre ribadisce che con “struttura” si intende il luogo fisico e non il soggetto giuridico.
La ricorrente non era da ritenersi assoggettata all’obbligo vaccinale. In ragione della sua mansione puramente amministrativa e della sua collocazione in un edificio che non prevede erogazione di prestazioni sanitarie. E’ dunque scritto nella sentenza. Il giudice ha parimenti accettato il ricorso della relativo al pagamento degli stipendi non corrisposti e al trattamento retributivo cui avrebbe avuto diritto nel periodo di sospensione.
Questa sentenza sarà l’ennesimo precedente valido per le migliaia di persone che hanno fatto ricorso in casi simili. I giudici che conoscono ancora la costituzione e la rispettano, per fortuna, esistono ancora.
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