Costume e società

Ritorna agli antichi fasti la facciata di Palazzo Cellammare

Ritorna agli antichi fasti, con un restauro terminato proprio in questi ultimi giorni, la facciata di Palazzo Cellammare.

In un periodo di forti polemiche sull’opportunità o meno di prolungare o meno il Bonus Facciate ci si rende conto che la valorizzazione della promenade che si gode percorrendo via Chiaia, con questo tipo di interventi, è ineguagliabile.

Vista prima del restauro. ph Wikipedia

Questo palazzo con forma quasi di castello quadrato, domina il piccolo mondo che pullula ai suoi piedi. Sorto nei primi anni del sec. XVI come casa di campagna dell’abate Giovan Francesco Carafa, esso passò poi al nipote, principe di Stigliano, il quale ebbe l’onore di ospitarvi Torquato Tasso. Il primo architetto ad occuparsi del rinnovamento dell’edificio fu Ferdinando Manlio, che applicò tipologie edilizie che dovevano molto alla sua attività di ingegnere militare. Si spiega così l’adozione di un impianto planimetrico caratterizzato da una marcata analogia con il palazzo Vicereale e con Castel Capuano. Un tempo l’edificio era circondato da grandiosi giardini, considerati i più belli di Napoli dai viaggiatori stranieri, dei quali purtroppo rimane ben poco.

Masaniello e i suoi “lazzari” lo stavano espugnando

Nel 1647 il palazzo venne attaccato dai rivoluzionari di Masaniello tanto che vi furono sistemate delle artiglierie per difenderlo e, durante la tremenda peste del 1656, i monaci della vicina chiesetta di San Orsola lo adibirono a lazzaretto. Morto l’ultimo discendente dei principi di Stigliano, il palazzo con i feudi e gli altri beni venne confiscato. Nel 1696 Antonio Giudice, principe di Cellammare e duca di Giovinazzo, l’acquistò per 18.000 ducati ed affidò a Giovanbattista Manni imponenti lavori di restauro in seguito ai quali l’edificio assunse sostanzialmente l’aspetto attuale.

Nel ‘700 centro culturale e mondano

Nella seconda metà del secolo XVIII l’edificio divenne la dimora del più fastoso gentiluomo del tempo, don Michele Imperiali principe di Francavilla, il quale ospitò personaggi di rilievo del tempo, quali Casanova e Goethe. Il principe di Francavilla morì senza eredi e, dopo alterne vicende, il palazzo ritornò ai discendenti del Cellammare. Nel 1805 venne confiscato da Gioacchino Murat e, solo dopo la restaurazione, venne restituito agli eredi Caracciolo Giudice principe di Villa e di Cellammare, che abitano tutt’oggi il palazzo.

Un momento dello smontaggio delle impalcature

L’importanza storica di questa dimora è enorme. L’edificio riposa su una serie di caverne scavate nel tufo proprio per permetterne la fabbrica occupate attualmente dal cinema teatro Metropolitan. Il recupero di questi gioielli, come tutta l’edilizia urbana in generale, non può che dare lustro e valorizzazione a tutto il patrimonio abitativo della città. Guardando il magnifico risultato del restauro non si può non essere d’accordo su l’opportunità di mantenere, anche con riformulazioni diverse, il bonus che ha permesso a tanti edifici di ritornare al loro antico splendore.

Francesco Smorra

Francesco Smorra vive a Napoli dove svolge l’attività di Optometrista. Laureato in Scienze politiche vince il concorso per il dottorato di ricerca che gli apre la strada per la carriera universitaria ma, nel 2004, lascia il mondo accademico per dedicarsi pienamente agli studi optometrici, alla scrittura e alla sua altra grande passione: il tango argentino. In quest’ambito è ideatore e fondatore di TangOut e attualmente insegna questa disciplina presso l’International Dance Contemporary Art Center – Körper. Dal '94, si occupa di scrittura teatrale e cinematografica.  “Dall’equinozio di primavera al transito di Venere” è la sua prima pubblicazione letteraria.

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