E’ di produzione made in Italy il nuovo sensore che nasce per distruggere i tumori rendendo più efficaci le terapie. La nuova scoperta tecnologica è in grado di misurare l’intensità delle radiazioni somministrate durante le terapie. Lo scopo è quello di rendere più efficaci le terapie riducendo gli effetti collaterali. Da poco concluse le sperimentazioni sui manichini con risultati eccellenti. A breve si passerà a sperimentarlo sui pazienti.
Il dispositivo è stato messo a punto da ricercatori di Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e delle Università di Bologna, Federico II di Napoli, Roma Tre, Padova e Trento. Come si legge su “Scienze” L’invenzione del sensore fa parte del progetto FIRE, progetto dedicato allo sviluppo di rivelatori innovativi a supporto delle terapie radioterapiche. I risultati, pubblicati sulla rivista NPJ Flexible Electronics, aprono anche a un futuro impiego del sensore nello spazio, dove potrà monitorare le dosi di radiazioni cosmiche dannose assorbite dagli astronauti.
In caso di tumori al retto o alla prostata, la radioterapia con fasci di fotoni o di particelle cariche di alta energia, viene utilizzata in combinazione con la chemioterapia, con grande efficacia. Nel caso della protonterapia, un fascio di protoni viene indirizzato sul tumore per danneggiare il DNA delle cellule tumorali impedendone la replicazione. Un aspetto cruciale dei piani di terapia è il controllo della dose della radiazione utilizzata, che deve essere sufficiente a distruggere le cellule tumorali, senza però danneggiare i tessuti sani vicini. È perciò di fondamentale importanza monitorare la quantità di protoni somministrata al paziente in tempo reale. E’ proprio qui che si colloca FIRE.
Grazie alle sue dimensioni ridotte e alla sua flessibilità, che ne rendono estremamente semplice l’applicazione su ogni parte del corpo, il rivelatore di protoni FIRE potrà essere utilizzato in ambiti diversi, sia in campo medico che nelle applicazioni spaziali.
“Il rivelatore ha dimostrato ottime capacità di rivelare in tempo reale irraggiamenti protonici intensi, come quelli utilizzati in protonterapia, mostrando, un’eccellente stabilità elettronica e resistenza alla radiazione ionizzante. I sensori sono infatti già stati testati in condizioni operative reali presso il Laboratorio di tecniche nucleari per l’Ambiente e i Beni Culturali (LABEC) dell’INFN, utilizzando la strumentazione e le condizioni di lavoro impiegate nei protocolli medici di protonterapia, e inserendoli all’interno di fantocci di forme antropomorfe che simulano in 3D le parti del corpo umano su cui verrà effettuato il trattamento”. Questo è stato dichiarato da Alberto Aloisio, docente dell’Università Federico II di Napoli, ed Ettore Sarnelli, ricercatore dell’Istituto CNR-SPIN di Pozzuoli
Paolo Branchini, ricercatore INFN, insieme al gruppo del CNR-IMM guidato dal ricercatore Luigi Mariucci, ha coordinato il lavoro dei partner di Roma. Branchini spiega: “Il dispositivo è stato realizzato utilizzando materiali completamente organici, cioè per lo più a base di carbonio, idrogeno e ossigeno. Come substrato si è usato un polimero elastomerico: in questo modo si è ottenuto un dispositivo flessibile, poco costoso e facile da realizzare. Lo studio delle interazioni e gli accoppiamenti tra i materiali utilizzati per la realizzazione del rivelatore giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo di sensori sempre più performanti.”
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