Napoli, emergenza sanitaria: 74 malati in barella al Pronto Soccorso del Cardarelli

Napoli, sono 74 i malati in barella al Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli, una grave emergenza sanitaria

Sono 74 i malati fermi in barella al Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli, non si è mai registrato un così elevato afflusso. Si è deciso pertanto di effettuare un contenimento della situazione. Secondo quanto riportato su Cronache della Campania, la direzione dell’ospedale, che è anche sede universitaria di rilievo nazionale, al 118 é stato chiesto di dirottare in altre strutture le ambulanze, mentre vengono accolti i pazienti in condizione di urgenza che si rechino autonomamente al pronto soccorso.

Ieri fino alle 15,30 si sono registrati 165 accessi

Lo stop dei ricoveri programmati ha permesso di liberare posti in vari reparti, riducendo la criticità e i tempi di attesa. I vertici aziendali spiegano: “Chi aveva il ricovero programmato per oggi è stato rinviato. In questo modo possiamo coinvolgere al meglio l’intero ospedale nel sostegno al pronto soccorso colpito da un iper-afflusso.”

“Oggi solo fino alle 15,30 abbiamo avuto 165 accessi, ieri 190, l’altro ieri sono stati superati i 200. Parliamo quindi di una media di 200 pazienti al giorno che mette in difficoltà il pronto soccorso e l’osservazione breve. Per questo abbiamo chiesto al 118 di non portare altri pazienti da noi, se non ci sono patologie che richiedano l’intervento specialistico del Cardarelli. Quindi non possiamo definire chiuso il pronto soccorso”.

La mancanza del personale medico, un emergenza non solo in Italia

La direzione del Cardarelli dichiara che “si tratta di una situazione di difficoltà dei pronto soccorso in tutta Italia. Se mancano i medici, come avviene oggi, resta difficile potenziare l’offerta, soprattutto nella Campania che ha meno posti letto di altre regioni”. Secondo quanto si legge su Avvenire.it l’Italia non è l’unico Paese ad avere sempre meno camici bianchi in corsia. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha stimato che entro il 2030 potrebbero mancare all’appello più di 10 milioni di professionisti della cura e dell’assistenza pubblica. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

Il problema non è nuovo. I primi campanelli di allarme risalgono agli inizi del 2000, quando l’idea di una disastrosa pandemia globale, come è stato il Covid-19, era solo immaginaria. Oggi l’emergenza è cresciuta anche a causa delle conseguenze sanitarie ed economiche del coronavirus. La posta in gioco è alta: ne va della salute (e della vita) di miliardi di persone.

Il graduale invecchiamento della popolazione, che fa aumentare i ricoveri e richiede quindi maggiore personale, rappresenta solo un aspetto dell’arcano. Hans Henri P. Kluge, direttore dell’Oms per l’Europa, indica tra le cause della drammatica carenza di professionisti, una lunga serie di criticità. Inefficaci strategie di reclutamento, cattive condizioni di lavoro, difficoltosi avanzamenti di carriera, assenza di pianificazione strategica, sono solo alcune delle cause. Fattori, ha commentato, che «potrebbero potenzialmente far collassare la sanità pubblica » causando molte morti prevenibili. «Bisogna agire in fretta», l’appello urgente di Kluge, adottando «approcci efficaci, innovativi e intelligenti».

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