Miti, leggende e tradizioni della Napoli di ieri e di oggi: la tradizione della zeppola di San Giuseppe
La tradizione della zeppola di San Giuseppe
La zeppola di San Giuseppe, dolce tipico napoletano che da tradizione viene consumato il 19 marzo per la festa del papà, come molti dessert tipici della tradizione napoletana, si costruisce su un delicato contrasto di sapori. Il guscio di pasta choux (fritta o al forno) dal gusto neutro, custodisce una crema pasticcera densa, dolcissima e profumata, sulla cui sommità poggiano le amarene che conferiscono una nota aspra. Nel 1700, sono le suore del Convento di San Gregorio Armeno a conferire alla pasta la caratteristica forma rotonda. Da allora, il solo sguardo che poggia su lunghe distese di zeppole, nelle vetrine della nostra pasticceria, è portatore sano di felicità, per grandi e bambini. Un vero e proprio rito quello della “nostra zeppola”, irrinunciabile per storia, gusto e tradizione.
Una leggenda avvolge la nascita delle zeppole
Come per molti dolci, anche la nascita delle zeppole è avvolta dalla leggenda e si ricollega a tradizioni antiche e diverse tra loro, da ricercarsi addirittura nel 500 a.C.
La leggenda, di matrice cristiana, farebbe risalire la nascita delle zeppole alla fuga in Egitto della sacra famiglia. Si dice che San Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, dovette affiancare al mestiere di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle.
Sembrerebbe che a Napoli, per una sorta di devozione al Santo, ad un certo punto si sia sviluppata la tradizione degli zeppolari di strada. Fino a qualche anno fa, per i vicoli della città, ci si poteva imbattere in questi artigiani che si esibivano pubblicamente nella loro arte su banchetti posti davanti alle loro botteghe dove vendevano le zeppole appena fatte.
Anche Goethe parla della zeppola di San Giuseppe
Goethe, in visita nel capoluogo partenopeo verso la fine del 1700, in un racconto scrive delle zeppole. “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti… ”.
La parola stessa (zeppola) derivi da zeppa, dal latino cippus, con cui a Napoli si identifica il fermo di legno posto per correggere i difetti di misura nei mobili. Ancora una volta, dunque, sarebbe evidente il riferimento al mestiere di San Giuseppe.
Un’altra ipotesi ne ricollega la radice etimologica a saeptula, da saepio, cingere , un termine che designava genericamente gli oggetti di forma rotonda. La questione è lunga e non manca nemmeno il riferimento a Zi’ Paolo, nome del presunto friggitore napoletano, che alcuni considerano l’inventore della zeppola da strada.
Ma la storia della zeppola di San Giuseppe ha inizio ufficialmente nel 1837, quando il gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, inserì in un suo trattato di cucina la prima ricetta ufficiale in lingua napoletana, anche se pare che la prima ricetta delle attuali zeppole napoletane sia opera del famoso Pintauro, già leggendario “ideatore” della sfogliatella napoletana.
Le zeppole napoletane sono il dolce più apprezzato, realizzato e consumato in tutta Italia il giorno della festa del papà, ovvero il 19 Marzo.