Gli LGBTQIA+ protestano: “Noi non siamo genitori di serie B”
“Noi non siamo genitori di serie B!”, questo il grido della comunità LGBTQIA+
La comunità LGBTQIA+ protesta contro le decisioni del Presidente del Consiglio Meloni: “Noi non siamo genitori di serie B”. Su Smallfamilies si legge che i genitori di serie B sono le coppie omogenitoriali che, al di là dell’accettazione sociale/culturale ormai diffusa, si trovano a dovere ancora fare i conti con le tante parole e promesse di politici e istituzioni, che restano palesemente arretrati rispetto alla contemporaneità e alla vita reale, che va più veloce. E così i monogenitori continuano a essere vittime di discriminazioni nelle leggi, nei provvedimenti di sostegno al reddito.
Il commento del consigliere del Movimento 5 stelle Gaetano Palumbo
Il consigliere M5S al comune di Casoria, Gaetano Palumbo così commenta su Facebook:
Chi sono gli LGBTQIA+
Alla luce dei tanti cambiamenti che si sono attuati nella nostra società, é bene fare chiarezza sui nuovi termini e sigle che stanno emergendo e che identificano le nuove categorie di persone. Chi sono gli LGBTQIA+? Secondo quanto riportato su treccani.it in riferimento ad un estratto dell’e-book di Lorenzo Bernini LGBTQIA+, gli acronimi LGBTQ, LGBTQI, LGBTQIA, LGBTQIA+, LGBTQQIA+ sono oggi utilizzati per designare sinteticamente l’insieme delle minoranze sessuali. Queste sigle includono tutte le persone che per orientamento sessuale, identità e/o espressione di genere, caratteristiche anatomiche, non aderiscono agli standard del binarismo cisessuale e dell’eterosessualità, ossia alla netta divisione della specie umana in maschi e femmine, con corrispondenza dell’identità di genere al sesso biologico e con desiderio verso le persone di sesso opposto al proprio.
L’uso di queste sigle conferisce coesione ai movimenti e alle comunità delle minoranze sessuali, veicolando l’idea che esse abbiano esigenze comuni, tanto da costituire un unico gruppo sociale. Al tempo stesso, esso evidenzia la molteplicità delle soggettività che l’acronimo tiene assieme, per evitare che alcune ottengano un eccesso di visibilità occultando le altre.
Gli acronimi iniziano a comparire negli anni ’80
Negli anni Ottanta del Novecento, si iniziò a utilizzare la formula GLB, poi LGB, per nominare le lesbiche e le persone bisessuali accanto agli uomini gay. A partire dal decennio successivo, si aggiunsero poi le altre lettere: la T per le persone transessuali e transgender (da donna a uomo e da uomo a donna), una o due Q per le soggettività queer e/o gender questioning, la I per le persone intersessuali, la A di asessuali, e infine il + per segnalare come l’elenco possa proseguire con altre espressioni del genere e della sessualità (persone gender fluid, gender queer, gender creative, non-binarie, pansessuali, demisessuali ecc.).
L’uso di questi acronimi non è esente da controversie. Opinionisti, movimenti e partiti reazionari interpretano infatti la visibilità ottenuta dalle minoranze sessuali nelle società contemporanee come esito della diffusione di una pericolosa ideologia volta alla cancellazione delle identità maschili e femminili: LGBT diventa allora il nome di questa fantasmatica ideologia o teoria, che viene indicata anche come ‘ideologia o teoria gender’. La rappresentazione delle minoranze sessuali che queste sigle veicolano è inoltre messa talvolta in discussione anche da coloro che dovrebbero esserne rappresentati.
Non sempre l’adesione ai movimenti omosessuali é stata condivisa
Fin dagli anni Ottanta del Novecento, per esempio, l’adesione ai movimenti omosessuali non è stata condivisa da tutte le attiviste lesbiche: alcune preferivano allora partecipare a movimenti femministi radicali; e alcune lo preferiscono ora, in relazione a questioni divisive come la prostituzione/il lavoro sessuale e la gestazione per altri (GPA). Neppure è scontata l’inclusione delle istanze trans nelle rivendicazioni femministe, tanto che nei movimenti è emersa una polarizzazione tra quello che viene chiamato femminismo transescludente (TERF, Trans-Exclusionary Radical Feminism) e il transfemminismo.
Ancora, non tutte le associazioni intersex concordano che sia tatticamente conveniente per le persone intersessuali essere associate alle altre minoranze sessuali. C’è poi, soprattutto tra i gay, chi muove obiezioni alla presenza di soggettività asessuali e demisessuali in movimenti che rivendicano la libertà sessuale. Infine, alcuni gruppi queer contestano che le minoranze sessuali siano portatrici di bisogni specifici derivanti esclusivamente dalle proprie identità di minoranze sessuali, a prescindere dalla provenienza geografica, dalle differenze di genere e classe, dall’appartenenza a gruppi razzializzati, da condizioni di abilità/disabilità.
La coesione evocata da tali acronimi non impedisce quindi, e in un certo senso anzi incoraggia, l’emergere di divisioni interne a quello che può essere considerato come un raggruppamento sociale soltanto in senso contingente e pluralistico. Tensioni dialettiche di questo tipo caratterizzano del resto strutturalmente i movimenti delle minoranze sessuali e in un certo senso la loro stessa esistenza, fin da quando esse sono emerse socialmente come tali.