Il 30 giugno è scaduta la proroga dettata dall’ordinanza del ministero della Salute per l’obbligo delle mascherine e dei tamponi negli ospedali e nelle strutture che ospitano pazienti fragili.
Il Ministero della “Salute” non ha avuto il coraggio di rinnovare ancora una volta l’assurda ordinanza del 28 aprile 2023, prorogata fino al 30 giugno 2024, che imponeva l’uso delle mascherine e l’effettuazione dei tamponi PCR per l’accesso alle strutture sanitarie. A partire dal 1 luglio, quindi, qualsiasi medico od operatore sanitario che dovesse chiedere ad un paziente di sottoporsi al tampone o di indossare una mascherina opera illegittimamente e commette reato.
Ricordiamo brevemente le norme che disciplinano i trattamenti sanitari. Il testo di base è la legge 219/2017 (c.d. legge sul consenso informato) che all’art. 1 prevede:
– che il consenso informato del paziente deve essere raccolto in forma scritta o videoregistrata ed inserito nella cartella clinica;
– che chiunque ha il diritto di rifiutare in tutto o in parte qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o anche singoli atti del trattamento stesso;
– che chiunque può revocare in qualsiasi momento il consenso già prestato.
Questi principi valgono per tutte le strutture sanitarie (ospedali, cliniche, ambulatori, studi medici, RSA ecc.) e si applicano a tutti, pazienti e visitatori.
Pertanto, l’eventuale rifiuto di un medico di prestare assistenza sanitaria a chi non voglia indossare una mascherina o sottoporsi al test PCR è semplicemente un reato. Il reato in questione è quello di violenza privata (art. 610 c.p.) che punisce con la reclusione fino a quattro anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa. È importante ricordare che il reato è perseguibile a querela di parte e che, quindi, occorre denunciare i medici o i responsabili delle strutture sanitarie entro il termine di tre mesi dal fatto.
Si è scelto di non dare seguito a tale imposizione, lasciando libera decisione (e totale responsabilità) ai direttori sanitari. La prescrizione era stata prorogata fino al 30 giugno di quest’anno e adesso è arrivata la circolare che disciplina l’uso. Il ministero della Salute elimina l’ultima misura dell’era Covid. Niente più obbligo di mascherine e dei tamponi all’interno dei reparti ospedalieri e delle Rsa che ospitano pazienti fragili.
La necessità di normalità, però, ha spinto il governo di Giorgia Meloni a compiere un passo importante. Anche l’ultimo obbligo in materia sanitaria è caduto. Ora si parla unicamente di raccomandazioni, così come di delega delle responsabilità. L’esecutivo non intende venir meno alle proprie convinzioni ma, al tempo stesso, non ha alcuna voglia d’essere ritenuto responsabile di possibili conseguenze. Tutto cade sulle spalle dei direttori sanitari, dunque.
Si passa alla responsabilizzazione dei cittadini e degli operatori con le raccomandazioni “per il controllo della diffusione dei virus respiratori nelle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese quelle di ospitalità e lungodegenza”. Niente più obbligo ma solo raccomandazione. La circolare, infatti, “raccomanda ai direttori sanitari” delle strutture “di valutare l’opportunità di disporre l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie e dei tamponi nei propri contesti, tenendo conto della diffusione dei virus a trasmissione aerea, delle caratteristiche degli ambienti nonché della tipologia di pazienti, lavoratori o visitatori che li frequentano, in funzione del livello di rischio di infezione e/o trasmissione (ad esempio in presenza di sintomatologia respiratoria o in considerazione della stagionalità) e del potenziale di sviluppo di malattia grave in caso di esposizione”.
Una nota positiva in termini politici, considerando come il partito di Meloni non abbia partecipato di fatto alle operazioni in fase di Covid, limitandosi ad aspre critiche. Al tempo stesso sta procedendo a smantellare gli ultimi baluardi della tutela sanitaria, che per un certo tipo di elettorato è un punto nettamente a favore. Largo ai direttori sanitari, dunque, responsabili dell’analisi delle condizioni di determinati ambiti. In caso di rischio potranno modificare le normative, a tutela dei ricoverati.
Per quanto riguarda il personale, “i direttori sanitari metteranno in campo ogni misura relativa alla tutela della loro salute. Per cui nessuna imposizione ma solo raccomandazione. I direttori sanitari dovranno quindi usare il buon senso di raccomandare ma non imporre questi trattamenti sanitari, altrimenti incorreranno in reati perseguibili a norma di legge.
Nel documento si raccomanda “…di potenziare con adeguata informazione al personale, ai pazienti e, in generale, a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, sono presenti nelle richiamate strutture, le misure igieniche e di precauzione quali, tra le altre: lavaggio frequente delle mani; pulizia costante degli ambienti e disinfezione delle superfici con disinfettanti attivi contro i microrganismi; adeguata ventilazione; corretta gestione dei rifiuti”. L’obbligo della mascherina nelle strutture sanitarie era stato eliminato il primo maggio 2023, tranne per i lavoratori, gli utenti e i visitatori delle strutture sanitarie all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensità di cura.
La decisione di prorogare fino al dicembre di quell’anno la misura era stata presa, a fine aprile del 2023, dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, che aveva motivato la scelta sottolineando che “indossare le mascherine in ospedale è una forma di rispetto verso i pazienti più deboli”. Con un’altra ordinanza, il 29 dicembre 2023, Schillaci aveva prorogato l’obbligo per altri 6 mesi. È stata questa però l’ultima proroga.
Per quanto appaia oggi come un argomento quasi anacronistico, il sistema sanitario fa ancora i conti con il Covid e le sue conseguenze. Il fatto che oggi rappresenti uno spauracchio quasi esclusivamente per i soggetti fragili lo pone meno in vista rispetto ad altri temi. Motivo per cui ancora si cerca di terrorizzare con allarmismi senza basi scientifiche e minacce alla salute tramite i mezzi di informazione.
Intanto, però, il Covid circola nuovamente, nonostante le elevate temperature. Nelle ultime settimane ha inoltre dato segnali di risalita. Nelle ultime settimane la circolazione è aumentata. Si è registrata una lieve crescita dei casi, il che è in parte insolito se si tiene conto delle elevate temperature. Il “sistema di freno”, dunque, sembra aver ridotto la propria capacità.
L’indice di trasmissibilità Rt è a quota 1,15, lievemente sopra la soglia epidemica. Per quanto riguarda i casi di contagi acclarati, nell’ultima settimana c’è stato un +25%, raggiungendo quota 2.600 persone.
Stabile l’occupazione dei posti letto in area medica a 1,2% (750 ricoverati, circa), così come quella in terapia intensiva, pari allo 0,3%. Il Covid non è dunque sparito nel nulla e gli epidemiologi invitano a non sottovalutarne la minaccia. I numeri sono infatti lievemente in crescita anche negli Stati Uniti, dove il Cdc ha raccomandato il richiamo con vaccini aggiornati.
I singoli saranno responsabili delle proprie azioni, di fatto, scegliendo liberamente di indossare o meno la mascherina in ospedale o di fare il tampone. Una “scelta giusta e attesa da tempo”, ha commentato l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova. Sulla stessa linea la microbiologa Maria Rita Gismondo: “Addio alla stagione degli obblighi, si torna definitivamente alla normalità“.
Diversa, invece, la posizione il virologo Fabrizio Pregliasco che si dice “un po’ perplesso” per “la genericità” con cui “si demanda totalmente ai direttori sanitari la responsabilità” di prevedere il dispositivo in determinati contesti e situazioni. L’esperto avrebbe preferito “indicazioni più precise, opzioni elencate anche schematicamente, almeno come suggerimento o linea guida”.
“Quello che temo – sottolinea Pregliasco – è una situazione di ulteriore abbassamento dell’attenzione. Operatori sanitari e cittadini – osserva il medico – ci siamo tutti abituati al rischio e lo sottovalutiamo eccessivamente, anche come responsabilità verso i fragili che – insiste – rimangono ancora soggetti a rischio”. Intanto proprio nelle ultime settimane, grazie ad una nuova variante, l’infezione da Covid ha ripreso a circolare con maggiore intensità. Nulla di allarmante ma forse era il caso di attendere un altro periodo per eliminare del tutto l’uso degli strumenti di protezione meccanica”.
Se raccomandare trattamenti sanitari (velatamente imposti) non è servito a debellare il virus e se ancora a distanza di tempo si parla di aumento di casi, la domanda sorge spontanea: a cosa serve sottoporsi a questi trattamenti (mascherine, tampone e vaccini) se invece di tutelare la nostra salute, peggiorano solo la situazione?
E’ fondamentale ricordare che i medici che ancora insistono con i tamponi e le mascherine sono gli stessi che hanno aderito entusiasticamente al protocollo di paracetamolo e vigile attesa ed hanno collaborato alla campagna di inoculazione del siero genico sperimentale. Non ci possono essere né perdono né comprensione per coloro che si sono macchiati di simili abominevoli crimini contro l’umanità.
Restiamo in vigile attesa che la verità continui ad emergere e che giustizia faccia il suo corso.
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