Fedez, la potenza della sua canzone

Fedez, la potenza della sua canzone

Il testo propone riflessioni su musica, psicofarmaci e paura.

Fedez, dopo Sanremo, lascia uno strascico di considerazioni che riguardano il testo della sua canzone. Testo che è stato sottoposto a profonda analisi da parte di quotati psicologi e tra questi, il dottor Raffaele Simone che evidenzia come le parole hanno un peso, soprattutto quando si intrecciano con temi delicati come la salute mentale.

Nel suo ultimo video sui social, il dott. Simone, ha affrontato un argomento che ha acceso il dibattito: l’interpretazione di una canzone che tocca il tema degli psicofarmaci.

Alcuni la vedono come una pericolosa normalizzazione dell’uso dei farmaci, altri come un’esasperazione del loro impatto.

Ma per Simone, la verità sta altrove: la canzone racconta una paura, un timore che accomuna molte persone che affrontano un percorso di cura.

Un’esperienza personale, non una verità assoluta

“Per comprendere questa canzone, dobbiamo partire da chi sta parlando”, dice Simone. “Il protagonista è un cantante che racconta la sua esperienza con la salute mentale. E un’esperienza personale non è una verità assoluta, ma la sua verità. Un concetto fondamentale, che spesso dimentichiamo quando cerchiamo di incasellare le cose in giusto o sbagliato”.

La paura del farmaco

C’è un aspetto che viene troppo spesso sottovalutato: la paura del farmaco. Accettarlo significa ammettere di aver bisogno di un aiuto esterno per stare meglio, ed è qui che entra in gioco un’emozione potente: il timore di perdere il controllo sulla propria identità. “In terapia, lavoriamo molto per fare da intermediari tra il paziente, il suo disturbo e il farmaco come veicolo di cura”, spiega Simone. “Il problema è che spesso i farmaci vengono prescritti senza una spiegazione chiara su come assumerli, per quanto tempo e come sospenderli. Questo genera ansia e diffidenza”.

Il farmaco come veleno: una metafora potente

Nella canzone c’è una frase che riassume tutto: “Un bicchiere mezzo pieno con due gocce di veleno”. Qui si gioca su un dualismo: il bicchiere mezzo pieno rappresenta l’ottimismo, ma per arrivarci bisogna accettare il veleno. E non è un caso che il termine farmaco derivi dal greco “pharmakon”, che significa sia cura che veleno.

Non stupisce, quindi, che ci sia chi si sia indignato per l’uso di questa parola nella canzone. Ma Simone sorride di fronte a questa polemica: “Il farmaco è una sostanza che modifica il nostro corpo, nel bene e nel male. Interviene su di noi, e inevitabilmente ci cambia”. E forse è proprio questo il punto che spaventa di più.

Una narrazione autentica e potente

 

Nonostante le sue iniziali riserve nei confronti dell’artista, Simone ammette di essere rimasto colpito dalla canzone. La potenza del testo e l’interpretazione lo hanno conquistato.

Quegli occhi neri che vengono citati parlano di devasto interiore, del buio della depressione.

Questa canzone non vuole dare risposte, ma raccontare una condizione, con le sue paure, i suoi dubbi, la sua rabbia e la sua accettazione. E forse è proprio questa autenticità a renderla così potente.

Fonte msn.com

Francesco Masucci

Giornalista pubblicista, speaker presso radio libere napoletane negli anni 70/80: Radio Sud 95, Radio Marte. Redattore presso casanapoli.net, forzazzurri (fine anno 2019).

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