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Farmaci scadenti e non approvati in Europa, somministrati a pazienti oncologici. Coinvolti 16 ospedali italiani

Farmaci scadenti per trattare casi oncologici

Risultano essere farmaci scadenti e non approvati dall’Europa  quelli usati per le cure oncologiche negli ospedali italiani. Pazienti oncologici, tra cui anche bambini, trattati con farmaci anti-cancro scadenti, sia in termini di efficacia che di sicurezza, a basso costo e non approvati dall’Europa.

Farmaci scadenti e non approvati dall’Europa, somministrati a pazienti oncologici

Lo avrebbero fatto almeno 16 ospedali italiani, che importavano medicinali “low cost” dall’India

Sotto i riflettori l’utilizzo del marchio Celginase. Tra i centri coinvolti l’Istituto Nazionale Tumori di Milano e il San Camillo Forlanini di Roma: La carenza di medicinali ci permetteva di procurarci quel prodotto”.

La notizia è forte. E rischia di scatenare un vero e proprio scandalo nella sanità italiana. Secondo quanto scrive il sito online Politico.eu almeno 16 ospedali italiani hanno curato i malati di cancro con farmaci di scarsa qualità e non approvati per l’uso nell’UE. La fonte citata da Politica.eu è il Bureau of Investigative Journalism (TBIJ).

Sedici ospedali trattavano il cancro ai bambini con farmaci scadenti

A permettere l’uso di questi medicinali e la diffusione degli stessi nei 16 ospedali italiani, sarebbero state proprio le falle del nostro sistema sanitario. Un sistema in grado di permettere alle aziende coinvolte di richiedere legalmente spedizioni di Celginase. Un farmaco antitumorale a basso costo che si è dimostrato scadente, anche quando erano disponibili alternative migliori.

Né l’autorità italiana di regolamentazione dei farmaci né il ministero della Salute sono responsabili del controllo della qualità, dell’efficacia o della sicurezza di questo farmaco prima di consentirlo negli ospedali italiani. Né rientra nel mandato dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Eppure, centinaia di fiale sono arrivate dall’India negli ultimi sette anni. Non è noto quanti malati di cancro possano aver avuto effetti collaterali negativi o minori possibilità di remissione della malattia e molte di queste fiale si trovano ancora oggi sugli scaffali degli ospedali”. Scrive Politico.eu. ( LA STAMPA)

Di che farmaco si tratta

Esistono diversi tipi di asparaginasi. L’asparaginasi “nativa” è prodotta da Escherichia coli (E. coli). E trasformare questo batterio in medicina è complicato. Anche l’asparaginasi di buona qualità può causare effetti collaterali, comprese gravi reazioni allergiche. “Per questo motivo – scrive Politico -, i medici preferiscono utilizzare versioni modificate dell’asparaginasi.

Questi hanno meno probabilità di causare reazioni allergiche ma hanno prezzi di partenza assai più elevati. Sebbene Celginase e Oncaspar siano entrambi asparaginasi, sono diversi: Celginase è nativo, Oncaspar è modificato. Oncaspar è stato approvato per l’uso in Europa dal 2016 ed è il marchio di asparaginasi raccomandato come trattamento di prima scelta per la leucemia linfoblastica acuta. Celginase, invece, no”.

Sotto i riflettori, ora, è finito Celginase un marchio di asparaginasi usato per trattare la leucemia linfoblastica acuta, la forma più comune di cancro infantile. Celginase è prodotto e approvato in India e costa molto meno del marchio “Gold standard”: appena 13 euro a fiala rispetto a circa 2.500 euro dell’originale. A gennaio, TBIJ e il sito americano di notizie sulla salute STAT hanno rivelato che marchi di asparaginasi di scarsa qualità, tra cui Celginase, sono stati spediti in più di 90 paesi dal 2016, mettendo a rischio circa 70.000 bambini in tutto il mondo.

Ci sarebbero dei precedenti

C’è un precedente: nel 2018, un’apparente carenza a livello nazionale di Oncaspar, l’asparaginasi cosiddetto “gold standard” (la produzione sarebbe assai limitata proprio a causa dei costi), ha consentito l’importazione in Italia di un altro marchio considerato scadente, l’Aspatero. Anche qust’ultimo usato per la cura di alcune forme di cancro nei bambini.

L’ospedale interessato – di cui Politico non cita il nome – ha affermato che la richiesta di importazione di Aspatero è stata autorizzata dall’autorità italiana di regolamentazione dei farmaci e che non farlo avrebbe «ridotto le possibilità di guarigione dei bambini». L’ente che regola la distribuzione dei farmaci avrebbe, poi, autorizzato l’importazione. Il problema, sollevato sia da TBIJ che da POLITICO, è che i 16 ospedali italiani avrebbero importato il marchio Celginase quando il prodotto gold standard era disponibile.

Ulteriori registrazioni mostrano che Celginase è stato importato anche da sette dipartimenti sanitari regionali italiani, suggerendo che il numero effettivo di ospedali che utilizzano il farmaco potrebbe essere molto più elevato. Oltretutto i farmaci sarebbero stati somministrati all’oscuro dei pazienti trattati: questo perché la documentazione del consenso informato non specifica la marca del medicinale che verrà somministrato, né i paesi in cui è stato approvato. I pazienti, dunque, vengono lasciati all’oscuro.

Indicazioni precise per farmaci di cui non si conosce l’efficacia

Non c’è indicazione a usare una a sparaginase nativa (come Celginase, ndr), quando c’è Oncaspar, che ha una migliore tollerabilità e miglior efficacia”. Ha detto al ‘Fatto’ Attilio Guarini, ematologo e direttore del dipartimento Area Medica, dell’Iress Istituto Tumori Giovanni Paolo Il di Bari.

L’asparaginase è un trattamento chiave contro la leucemia linfoblastica, acuta, il cancro più diffuso nei bambini, che però può colpire anche gli adulti. Da quando asparaginase è stata introdotta negli anni 60, la possibilità di remissione totale è salita al 90%. Ma è fondamentale che sia di ottima qualità. “Questo tipo di leucemie le trattiamo tutte con l’asparaginase modificata (come Onscapar, ndr)” – spiega Francesco Lanza, direttore dell’Ematologia dell’Ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna. “Sinceramente – aggiunge – non ci rivolgiamo mai a India e  Cina per i farmaci oncologici, perché sono validati solo per il loro mercato interno”

In Italia  esistono delle leggi per importare farmaci

In Italia, se c’è carenza di un determinato farmaco, medici e farmacisti possono chiedere all’autorità italiana di regolamentazione dei farmaci di autorizzare l’importazione dello stesso prodotto da un altro paese. Una legge diversa consente l’importazione di un farmaco che non è approvato nell’UE ma si trova altrove nel mondo, come Celginase, per un singolo paziente nominato se un medico ritiene che «non sia disponibile alcuna terapia alternativa valida».

La questione ora sotto i riflettori è che i medici hanno richiesto l’importazione di Celginase anche quando Oncaspar era disponibile. Perché? In Italia l’autorizzazione viene concessa dall’agenzia delle dogane del ministero della Salute, che è tenuta solo a verificare che le pratiche siano state correttamente compilate dall’ospedale e che il farmaco in arrivo sia quello richiesto. L’agenzia non è tenuta per legge a controllare la qualità dei farmaci importati né a chiedere dati alle autorità di regolamentazione estere che li hanno approvati.

Un consenso informato non chiaro

Stando alle informazioni raccolte, riporta Il Fatto Quotidiano, il consenso informato che i malati (o i genitori, per i minori) firmano, riporta solo il nome del principio attivo (asparaginase) e di quale versione si tratta (ad esempio, asparaginase nativa o asparaginase modificata).

Non riporta però la marca del medicinale o il Paese di provenienza. Non dice che Celginase è stato preferito, dai medici ospedalieri che ne hanno richiesto l’importazione, all’Oncaspar, una versione di asparaginase modificata, approvato in Europa nel 2016.

Dove sono le garanzie di questi prodotti?

La responsabilità dell’uso di questi farmaci è invece del singolo medico che ne fa richiesta. L’Agenzia italiana di regolazione del farmaco ha affermato che i medici dovrebbero avvalersi di intermediari di importazione qualificati e affidabili che possano garantire la qualità e la sicurezza del prodotto, in particolare con i fornitori nei paesi extra UE, e che i medici dovrebbero ottenere il consenso informato fornendo al paziente informazioni complete, trasparenti ed esaustive sul farmaco somministrato.

Sul punto sia TBIJ e POLITICO hanno chiesto delucidazioni all’agenzia delle dogane italiane del ministero della salute e hanno scoperto «che almeno 16 ospedali, tra cui l’Istituto Nazionale Tumori di Milano e il San Camillo Forlanini di Roma, hanno importato nel Paese centinaia di fiale di Celginase in oltre un periodo di sette anni». E spiega Politico: «L’Istituto Nazionale Tumori ha affermato che la carenza di farmaci permetteva loro di procurarsi il marchio Celginase».

Non solo, le risposte ottenute dall’autorità sottolineano che «i pazienti che hanno ricevuto il farmaco stanno rispondendo alla somministrazione e sono in remissione e che l’autorità italiana di regolamentazione dei farmaci non ha mai fornito informazioni che dimostrino che Celginase possa essere dannoso». Il San Camillo Forlanini, invece, non avrebbe risposto.

Dove viene esportato il farmaco incriminato

La maggior parte del Celginase importato in Italia dall’India proveniva dalla Svizzera. L’agenzia doganale svizzera ha dichiarato a TBIJ e POLITICO di non disporre di dati specifici sui prodotti. «Non sapeva se l’asparaginasi indiana importata attraverso la Svizzera potesse poi essere finita in altri paesi dell’Unione europea oltre all’Italia. Ma ha affermato che la Celginase non è mai stata utilizzata nel paese Elvetico».

Ancora una volta la medicina invece di curare i pazienti ha pensato ai sintomi e forse anche ai propri interessi. Fatto sta che si mette a rischio la vita di pazienti, soprattutto bambini. Dove è finita la prima regola del giuramento di Ippocrate “Non Nocere”?

 

 

Marianna Caprio

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