Cronaca

Criminalità giovanile, la parola all’esperto Prof. Salvatore Pignataro

Criminalità giovanile, cause e prevenzione del fenomeno, interviene il Criminologo Prof. Salvatore Pignataro

Criminalità giovanile, su cause e prevenzione del fenomeno interviene il Criminologo Investigativo Prof. Salvatore Pignataro. In che società stiamo vivendo? Cosa sta succedendo nella mente dei giovani? Un declino post-covid prevedibile o il fenomeno è un risultato del profondo cambiamento sociale da attribuirsi a nuovi modelli familiari e tecnologici? Quali le reali cause e cosa bisogna fare per prevenire atti estremi in seguito a comportamenti violenti nei giovani?

A questi ed altri interrogativi ha risposto il Professor Salvatore Pignataro, consulente legale presso lo Studio dell’avvocato penalista Giuseppe Di Gaeta, Criminologo Investigativo professionista docente di Criminologia investigativa e Tecniche di Indagine presso l’Università degli Studi Giustino Fortunato e cultore della materia in procedura penale presso l’Università degli Studi Luigi Vanvitelli di Santa Maria Capua Vetere, nominato qualche mese fa, Coordinatore regionale della Campania  dell’Associazione Italiana per la lotta al Cyberbullismo e Sexiting.

Un fenomeno crescente in Campania e in Italia

Risse, percosse, lesioni, fenomeni di bullismo e cyberbullismo, atti vandalici e perfino omicidi sono solo alcuni dei crimini di cui si macchiano i giovanissimi delle gang giovanili diffuse in tutto il paese. Un grido, un malessere a cui dare risposte che purtroppo aumenta anche in molte città e paesi della Campania.

“Partiamo con dei dati dell’Osservatorio nazionale sull’adolescenza, istituito presso il Ministero della Famiglia” – spiega il prof. Pignataro – “il 6,5% dei minori fa parte di una banda, il 16% ha commesso atti vandalici, 3 ragazzi su 10 hanno partecipato ad una rissa. Lo segnala l’ultimo report del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della Polizia criminale sui minori: aumenta del 10% la quantità di minori denunciati o arrestati, così come sale del 20% il numero dei reati. Dai dati demografici emerge che l’appartenente ad una baby gang ha tra i 7 e i 16 anni, è quasi sempre maschio, ma il fenomeno sta aumentando anche tra le femmine e prende di mira soggetti più deboli (coetanei, anziani, disabili).”

“C’è da rilevare che lo scorso anno, c’è stato un aumento del 14,3% dei minori denunciati e arrestati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In crescita del 35% gli omicidi commessi dai minori, sono stati 23 nel 2022, attentati +53,8%, tentati omicidi +65,1%, lesioni dolose +33,8%, percosse +50%, rapine +75,3%, +91,2% per quanto riguarda quelle nella pubblica via.”

L’influenza della nuova tecnologia

“Oggi”, continua il Professore “con il supporto della tecnologia, la condivisione aumenta la portata e alimenta maggiormente gli animi. Si cerca intenzionalmente la popolarità e questo rappresenta un’ulteriore sfida, una condizione che fa sentire i ragazzi ancora più potenti. Tutte queste aggressioni vengono, infatti, riprese attraverso gli smartphone e condivise nelle varie chat e i profili social. Ormai anche le gang si sono digitalizzate e, spesso, condividono le loro ‘gesta’ sui vari social media creando gruppi appositi che fungono da rinforzo e condivisione di condotte delinquenziali.”

Le motivazioni che spingono i giovani a certe devianze

“E’ anche importante intercettare le cause che portano a queste escalation criminali dei ragazzi. Dall’intenzione di emulare i crimini commessi dagli adulti al desiderio di andare contro le regole sociali, fino al semplice piacere provato nel prendere in giro chi è ‘diverso’, nel lessico, nel vestiario o nelle fattezze fisiche: queste le principali e più comuni motivazioni che spingono i giovani, talvolta addirittura bambini, ad adottare una condotta antisociale.

Difficoltà ambientali, economiche, culturali e sociali sono alla base di ogni comportamento deviante; il fenomeno delle baby gang nasce da un contesto di vita problematico nel quale questi giovani crescono. Gli studiosi hanno individuato i fattori di rischio in diverse aree: c’è chi sostiene che questo tipo di violenze siano causate da modelli sbagliati ai quali i ragazzi fanno riferimento.

È recente il fenomeno di serie tv criminali dai quali i ragazzi prendono come modelli il “cattivo” della situazione che, nella maggior parte dei casi, riesce a cavarsela, quando invece il messaggio dovrebbe essere differente e quindi dove il bene dovrebbe sconfiggere il male.” In alcuni casi invece, le condotte anti-sociali derivano da frustrazioni che causano comportamenti aggressivi su persone definite più “deboli”. 

L’estrazione sociale e l’influenza dell’educazione familiare

“Tra le altre motivazioni fanno parte anche situazioni famigliari problematiche (anche una famiglia troppo protettiva e accondiscendente può far nascere nel ragazzo il forte desiderio di ribellarsi). È piuttosto facile pensare che la microcriminalità trovi terreno fertile nei contesti degradati, in cui sussistono condizioni critiche, sia a livello economico che sociale e familiare, in realtà una percentuale piuttosto alta di fenomeni di criminalità minorile afferisce a quei contesti in cui l’estrazione sociale risulta essere medio-alta. Si tratta spesso di adolescenti incensurati, con alle spalle famiglie benestanti, che vivono annoiati nel benessere e che scelgono il gruppo per innalzare ulteriormente il proprio status. 

I ragazzi, benestanti o meno che siano, sono spinti da un forte desiderio di anticonformismo, sulla base del quale tendono ad andare contro tutto ciò che impone delle regole da seguire. La criticità in tal caso è insita in un’educazione carente, povera di regole da rispettare, o addirittura in una totale assenza di orientamento socio-educativo da parte dei genitori.”

Le tre sottoculture giovanili

“In criminologia analizzando questo fenomeno, possiamo identificare tre insiemi di sottoculture giovanili: 1) Le sottoculture criminali sono organizzate per provvedere al raggiungimento di fini di tipo materiali e quindi rapine. 2) Le sottoculture conflittuali sono di protesta e di ribellione. 3) Le sottoculture astensioniste commettono reati per procurarsi sostanze stupefacenti. Ci troviamo di fronte a ragazzi che hanno perso il contatto con le regole sociali e con la regolazione emotiva. Il fenomeno delle gang giovanili si spiega solo tenendo conto di queste problematiche – dinamiche estremamente mutevoli – già presenti quando ci si interfaccia con il mondo degli adolescenti.”

I protagonisti di un reale cambiamento

“A fronte delle definizioni date finora, è sempre bene ricordare che famiglia, scuola e altre agenzie educative devono essere coinvolte nella prevenzione e nel contrasto del fenomeno al fine di anticipare determinate dinamiche e fungere da strumento esemplificativo per le future generazioni. E’ necessario intervenire allo scopo di incrementare, in tutti i ragazzi, l’empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni dell’altro, in questo caso della vittima, per evitare di compromettere una fase di vita e il futuro di personalità più fragili e sensibili. Gli stessi adolescenti che hanno determinati atteggiamenti e devianze, a volte, per mettere in atto tali condotte, condividono un vissuto di sofferenze e mancanze tali che avrebbero bisogno di un personale e preciso percorso di supporto e aiuto psicologico.

Per contrastare efficacemente il fenomeno, sarà necessario prevedere un percorso comune che metta in rete gli Enti del Terzo Settore, gli organismi della giustizia minorile e i servizi sociali territoriali, le famiglie, la scuola e gli enti di formazione. Gli strumenti legislativi di intervento ci sono, ma il rapporto del Servizio Analisi Criminale, più che nella repressione, incoraggia ad investire nella prevenzione, nella “crescente promozione, da parte di tutti gli stakeholder, pubblici e privati, di iniziative didattiche, sociali, culturali, sportive, religiose, nel complesso di educazione alla legalità che coinvolgano gli uomini del futuro, i minori, rendendoli, il più possibile, partecipi del loro futuro”. 

 “E’ ormai necessario favorire forme di prevenzione in tutti gli ambiti educativi (scuola, famiglia, oratori) cercando di comprendere i segnali di sofferenza e disagio manifestato dai ragazzi, promuovendo relazioni e dando risposte adeguate ai bisogni. E’ un fenomeno che ha varie facce su cui tutti dobbiamo fare una riflessione.

In primis la famiglia, come punto di riferimento, deve ricostruire figure genitoriali credibili e offrire il proprio sostegno, impegnandosi a costruire un rapporto significativo con i figli; mentre la scuola, dove i ragazzi cominciano a costruire le prime relazioni sociali, a conoscere l’altro, a sperimentare i primi successi e insuccessi, deve valorizzare la centralità della persona e favorire la sua crescita per far sentire i ragazzi parte integrante di un contesto che li accoglie e li comprende.” (AvellinoToday)

Analizzando il cambiamento sociale

Dal prezioso intervento del Professor Pignataro ne possiamo dedurre che c’è sempre più bisogno di un ritorno al vecchio modello di società, dove nella famiglia regnava l’armonia, la regola, la direzione da prendere. La famiglia era il punto di partenza, la base da cui partire per crescere, per poter sviluppare la propria personalità avendo degli obiettivi e dei punti di riferimento ben precisi.

Il modello tradizionale di famiglia borghese, verso la metà degli anni ’60, era composto da marito operaio, moglie casalinga e almeno due figli. Il nucleo familiare era basato sul matrimonio in cui la figura paterna predominava.

Ma a partire già dalla prima metà degli anni ’60 si inizia a delineare un nuovo modello di società e di famiglia. La donna inizia ad emergere e ad avere una maggiore considerazione, mentre la figura paterna comincia a perdere potere decisionale ed affettivo. Da lì in poi una escalation che ha portato all’attuale forma allargata di famiglia dove i divorzi sono all’ordine del giorno ed i figli non hanno più un modello di riferimento da seguire.

In tutto questo sono proprio i figli le principali vittime di un sistema educativo che non li tutela nella crescita. Da qui il rifugiarsi in altre realtà di tipo virtuale.

A questo punto ci domandiamo: quanto influisce il progresso della tecnologia in tutto questo? La dipendenza da internet ci sarebbe stata ugualmente se fossimo vissuti in una famiglia modello anni ’60 o se ne sarebbe fatto un buon uso, comprendendo la reale utilità dei social? Forse i giovani e gli adulti non si sarebbero rifugiati in un mondo virtuale per essere considerati. Di sicuro le regole rigide che c’erano un tempo nell’ambito della famiglia avrebbero attutito l’impatto. La libertà ha dato il via ad un uso incontrollato del web provocando comportamenti e mode che hanno preso il sopravvento sull’essere umano.

 

 

Flora Febraro

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