Centro Direzionale: all’alberghetto del sesso c’era anche un prete
Napoli, Centro Direzionale: all’alberghetto del sesso si recava anche un prete
Napoli, scoperta al Centro Direzionale una vera e propria casa di prostituzione, all’alberghetto del sesso si recava anche un prete. Secondo quanto riportato su Fanpage.it, si trattava di un B&B trasformato in un luogo di perdizione. I clienti che lo frequentavano erano insospettabili, tra questi anche un parroco già coinvolto in un altro procedimento giudiziario. Quattro le persone indagate dalla Procura di Napoli, tutte gravemente indiziate di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Tre di loro sono state sottoposte all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre la quarta al divieto di dimora in Campania.
La struttura scoperta grazie alle indagini sul prete di Presenzano
Il 23 febbraio pubblicavamo un articolo sul prete pedofilo di Presenzano, per il quale sono stati chiesti otto anni e sei mesi di carcere dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. L’ex prete è finito sotto processo per abusi sessuali su minori, induzione alla prostituzione minorile e possesso di materiale pedopornografico. Nel corso delle indagini si è scoperta la frequentazione del prete del B&B, che si è rivelato una vera e propria casa di prostituzione. La struttura promuoveva la sua attività attraverso annunci online.
L’attività di prostituzione riguardava tutti, sia uomini che donne. I gestori dell’apparente B&B, dalle indagini si è scoperto che ottenevano da questa attività illecita, lauti guadagni, in quanto la casa di appuntamenti era ben frequentata. Da qui le misure cautelari emesse ieri 6 marzo 2023 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione nei confronti dei quattro indagati.
I casi di abusi su minori nella Chiesa, anche papa Ratzinger ne era al corrente
Secondo quanto riportato sull’editoriale Domani, i dati raccolti dalla Rete L’Abuso, nel nostro paese negli ultimi 15 anni si contano 325 sacerdoti denunciati per pedofilia, di cui 161 condannati in via definitiva. Un report dalla Baviera ha rivelato che nella sola diocesi di Monaco e Frisinga, nell’arco di 74 anni sarebbero stati abusati 500 bambini e bambine fra gli 8 e i 14 anni e che Joseph Ratzinger, da cardinale, ne sarebbe stato al corrente.
Nella chiesa francese dal 1950 si conterebbero 216 mila minori vittime di tremila preti, a cui si aggiungono altri 114 mila abusati da laici all’interno delle istituzioni ecclesiastiche. In Nuova Zelanda la pedofilia riguarderebbe addirittura il 14 per cento del clero.
Gli stupri non di rado si protraggono per anni, a volte anche per decenni, lasciando segni indelebili nelle vittime, costrette spesso a fare i conti con le conseguenze fisiche e psicologiche delle violenza per il resto della vita.
E la Chiesa istituzionale come reagisce? Cura, sostiene, protegge. Non le vittime ma i preti. La prassi consolidata quando viene segnalato un caso di pedofilia è sempre la stessa: non denunciare alle autorità. Lo scandalo si evita spostando il prete in un’altra parrocchia o ricoverandolo per un periodo in una delle inavvicinabili strutture per la riabilitazione dei preti sparse per l’Italia. Le autorità ecclesiastiche non hanno l’obbligo giuridico di denunciare gli abusi, tantomeno devono rendere conto degli esiti dei processi interni, così si trincerano dietro al silenzio.
C’è addirittura chi, dopo una denuncia per pedofilia, riprende a fare il parroco sotto falso nome in un altro posto, come don Silverio Mura, prete della diocesi di Napoli, diventato don Saverio Aversano a Montù Beccaria, in provincia di Pavia.