Una 33enne di Sulmona perde la bimba che aveva in grembo in seguito al vaccino.La Procura della Repubblica di Sulmona (L’Aquila) ha aperto un’inchiesta a seguito della denuncia-querela presentata da una 33enne che ha chiesto l’accertamento di eventuali responsabilità per morte fetale endouterina. Il primo luglio 2021 la giovane donna ha perso la bimba alla 36/ma settimana di gravidanza. Esattamente dieci giorni dopo inoculazione del vaccino trivalente Triaxis antidiferite, antitetano e antipertosse.
Il sostituto procuratore Edoardo Mariotti ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e interruzione colposa di gravidanza. Inoltre ha proceduto all’iscrizione di due medici, il ginecologo che seguiva la donna e il medico vaccinatore. Un atto dovuto quello della Procura ai fini degli accertamenti irripetibili, attraverso i quali si vuole approfondire l’epoca, la causa e il mezzo che hanno determinato la morte del feto. Si indaga anche sull’eventuale sussistenza di profili di negligenza e imperizia in capo ai sanitari. Da qui l’incarico che il Pm ha conferito a due periti per l’esame dell’intera documentazione.
La donna, assistita dal legale Vincenzo Margiotta, ha spiegato nella denuncia di essere stata consigliata dal suo ginecologo, nel giugno 2021, di sottoporsi alla vaccinazione antipertosse. Il Triaxis – antidiferite, antitetano e antipertosse – è stato inoculato dal medico vaccinatore il 21 giugno. Poi gonfiore, malessere e perdite ematiche hanno costretto la donna a recarsi in pronto soccorso. In seguito c’è stata la diagnosi di morte fetale che ha fatto scattare il ricovero in rianimazione.
E’ chiaro che quello della procura è un atto dovuto per procedere ad accertamenti irripetibili, con i quali si vuole approfondire il momento. Il perchè e il come è stata determinata la morte del feto, e cercare di stabilire se c’è stata negligenza e imperizia da parte dei due medici.
Il Pm incaricato dalla procura di Sulmona ha scelto i due tecnici che hanno il compito di ricostruire i fatti producendo la documentazione necessaria.
Secondo la querelante il vaccino non poteva essere iniettato poiché mancante a monte di una vaccinazione precedente. Inoltre, sempre secondo le accuse, non si sarebbe proceduto a uno screening vaccinale e all’anamnesi medica prima dell’inoculazione della dose. Per questo la 33enne ritiene che possa esserci una correlazione tra l’imperizia nel somministrare il vaccino e il decesso del feto.
Intanto la difesa degli indagati respinge ogni addebito. Ritiene che non si possa ascrivere alcuna responsabilità in capo ai medici operanti né possa sussistere un nesso di causalità tra decesso e vaccino che, seppur consigliato, non prevede l’obbligatorietà. (IMOLA OGGI).
Anche in queste circostanze così drammatiche, senza prove tangibili, si parla di nessuna correlazione. La tendenza a proteggere i farmaci a scapito della vita umana è ormai una pericolosa “tendenza”.
Come sempre restiamo in vigile attesa di risposte valide e concrete sua dalla giustizia che dalla scienza.
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