La siccità aumenta ed è allarme mondiale, da qualche anno ormai stiamo assistendo ad un preoccupante cambiamento del suolo anche in Italia. I fiumi si stanno completamente prosciugando e siamo solo al mese di marzo. L’estate è ancora lontana ma già è allarme. Il cambiamento climatico si sta facendo sentire in modo allarmante in Italia e le regioni stanno già iniziando a correre ai ripari per evitare grosse emergenze. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la sua visita Nairobi in Kenya, ha sottolineato quanto è grave questa problematica e come l’esigenza di piogge è forte anche in Europa.
Su Today ambiente si legge che il capo dello Stato si è appellato alla comunità internazionale per fare fronte comune sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. “La siccità si avverte ovunque, in Europa, anche nel nostro Paese avvertiamo un’esigenza di pioggia e un abbassamento delle nevi sulle montagne indice delle conseguenze del cambiamento climatico. Per questo esortiamo insieme, il Kenya e l’Italia, la comunità internazionale a procedere con decisione sulla strada dei provvedimenti e dei comportamenti che attenuino l’inquinamento atmosferico e consentano di contrastare con efficacia il cambiamento climatico. È la base questa per avere un futuro di sviluppo, di benessere che riguarda i nostri giovani e le future generazioni”.
“Questo è un tema, quello della siccità, che deriva dai cambiamenti climatici e che sta creando difficoltà enormi. La siccità crea una crisi alimentari che spinge ulteriormente i fenomeni migratori. È nel programma del governo di impegnarsi contro il cambiamento climatico e l’Italia avverte da tempo l’esigenza di un impegno serio e concreto. Ci duole che alcuni Paesi vogliano rinviare il problema a un secondo tempo che non c’è”.
La strada è la cooperazione: “Qui a Nairobi, per una lungimirante scelta fatta a suo tempo dal primo Presidente del Kenya, Jomo Kenyatta, ha sede – ha ricordato il Capo dello Stato – il Programma per il clima delle Nazioni unite, che è un punto di richiamo all’importanza di impegnarsi ormai concretamente in maniera crescente. Speriamo che la prossima Cop 28 a Dubai abbia a vedere un impegno concreto, crescente, in maniera da realizzare una condizione di comune impegno per contrastare il mutamento climatico”.
Massimo Gargano direttore generale dell’Anbi, ha dichiarato: “La crisi idrica è una minaccia per la coesione nazionale. Si amplificano, infatti, i contrasti fra i portatori d’interesse: dalle Regioni agli utenti, dal mondo agricolo ai produttori di energia. Guardiamo perciò con grande attenzione all’annunciato Decreto Acqua previsto dal Governo per il prossimo 16 Marzo. Si dovrebbe definire una cabina di regia contro la siccità, nonché eventuali commissariamenti di opere incompiute. Inoltre si dovranno destinare risorse per avviare interventi di contrasto alle conseguenze dei cambiamenti climatici. In Italia, la legge 152 indica, dopo quello umano, la priorità dell’uso agricolo per le risorse idriche; è però ripetutamente disattesa sull’ara dei forti interessi concorrenti, cresciuti negli anni”.
“Il futuro dell’Italia – aggiunge il dg di Anbi – deve essere legato a un modello identitario di valorizzazione del territorio, che non può essere caratterizzato dagli stati d’emergenza. Il paradosso è la legge contro l’indiscriminato consumo di suolo: tutti, a parole la vogliono; in realtà giace dispersa nei meandri parlamentari dall’epoca del Governo Monti nel 2013″.
Il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi, propone l’istituzione di una struttura permanente: il Ministero dell’Acqua, sul modello spagnolo: “Quella che stiamo inevitabilmente per affrontare sarà l’ottava annata siccitosa nei recenti 20 anni e la terza consecutiva, così da poterla difficilmente considerare un evento eccezionale, bensì un fatto ormai endemico almeno in alcune aree del Paese – commenta Vincenzi -. Per questo, chiediamo l’operatività del Piano Idrico Nazionale, prologo all’auspicato Ministero dell’Acqua già presente in Spagna. Vanno superati rapidamente gli ostacoli finanziari, ma soprattutto burocratici, all’avvio del Piano Laghetti: destinare un miliardo all’anno sarebbe già un segnale importante; basti pensare che, solo nel 2022, la siccità è costata 13 miliardi al sistema Paese, di cui 6 di mancata produzione agricola, penalizzando non solo il settore primario, ma l’obiettivo della sovranità alimentare”.
Su TGCOM24 si legge che Venezia sta già esaminando l’idea di utilizzare l’acqua del mare desalinizzandola per fronteggiare l’allarme siccità. “Abbiamo una risorsa – ha detto il presidente della Regione, Luca Zaia – alla quale non dobbiamo più guardare distrattamente. Non escludo l’impiego di impianti di desalinizzazione per l’acqua di mare”. Del resto è un sistema vincente adottato già in 183 Paesi in tutto il mondo per un totale di circa sedicimila impianti, stando ai dati dell’International desalination association riportati da Il Messaggero “Lo fanno città come Dubai – spiega Zaia – dove ci sono giardini, palme e tutto ciò è sostenuto dalla desalinizzazione”.
Il Medio Oriente è il primo paese dove si produce il 47 per cento dell’acqua potabile desalinizzata dal mare, ma non mancano esempi in Europa, a partire dalla Spagna, dove nel 2021 erano censiti 765 impianti. “Bisogna capire quanto ci costerà il bilancio energetico, perché trasformare l’acqua salata in acqua dolce richiede energia – ha sottolineato Zaia – Ma se riusciamo, anche con le fonti rinnovabili, a mettere in piedi un sistema che ci porta ad un’economia circolare, perché no?”
Al momento sono solo ipotesi, nel frattempo bisogna fare i conti con la carenza d’acqua, che incide nella quotidianità delle famiglie e sull’economia del Paese. “Ho sempre la speranza che arrivi la pioggia, ma nel frattempo faccio un appello ai veneti affinché non sprechino risorse idriche. Si eviti di innaffiare giardini e cose simili. Non voglio arrivare a consigliare di tenere in considerazione quante volte si deve usare lo sciacquone, come ha fatto qualcuno, ma si capisce da soli che meno acqua usiamo meglio è.” Conclude Zaia.
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