Alla scoperta dei luoghi nascosti e meravigliosi da scoprire a Napoli :la chiesa di Santa Caterina della spina di Corona
Scopriamo un luogo nascosto e meraviglioso a Napoli: la chiesa di Santa Caterina della spina di corona
Un altro luogo meraviglioso da scoprire a Napoli è la chiesa di Santa Caterina della spina di corona. Si tratta una chiesa monumentale di Napoli ubicata in via Guacci Nobile.
La monumentale Chiesa di Santa Caterina della Spina Corona è nata nel 1354 grazie ai nobili del Seggio del Nilo e dedicata a Santa Caterina. È detta della “Spina Corona” perché si crede che custodisse, fin dai tempi degli Angioini, una spina della Corona di Cristo.
La Chiesa è chiamata anche dei “Trinettari”, poiché in quella strada vi erano mercanti di nastri (trine). Si trova in una zona che tra il XIII ed il XVI secolo ospitava una numerosa comunità ebraica, perciò detta della “Giudecca”; per un periodo di tempo, l’edificio di culto venne adibito a Sinagoga.
L’antica sinagoga divenne casa per catecumeni, in cui venivano recluse le donne ebree convertende al cristianesimo. Nel 1500 questo educandato femminile, noto con il nome di “figliole di Santa Caterina”, per volontà del viceré Don Pedro da Toledo fu spostato nell’ospedale del complesso di Sant’Eligio presso piazza Mercato.
La struttura interna della chiesa di Santa Caternia della Spina di Corona
Santa Caterina Spina Corona alla Giudecca ha mantenuto nel tempo l’aspetto inusuale della sua struttura interna, almeno come chiesa cattolica. Infatti riconosciamo ancora le tracce del mikveh in un ambiente rettangolare di modeste dimensioni posto in fondo all’unica navata e alla sua destra. L’ambiente è al di sotto del piano di calpestio dell’edificio, presentando tre gradini. Ciò che resta dell’antica rampa della vasca ad uso di mikveh, quasi interamente interrata anche se ancora ben riconoscibile; sulla parete in fondo e al di sopra della vasca sono presenti due condotti che servivano per incanalare l’acqua piovana.
All’interno dell’edificio sono presenti due stanze laterali ammezzate che normalmente nelle sinagoghe più antiche erano ad uso esclusivo delle donne. Esse potevano seguire la preghiera separatamente dagli uomini, senza essere viste. Le donne accedevano alla parte loro riservata attraverso un ingresso secondario attualmente murato e una stretta scala probabilmente di epoca coeva. Queste le portavano sia alle stanze da cui seguivano la funzione liturgica sia al mikveh, senza che occhio indiscreto potesse notarle. L’ingresso era ancora visibile quando è stato fatto il primo sopralluogo del 2014 insieme al rav Scialom Bahbout.
La sinagoga si presenta di pianta quadrata e vi si accede attraverso la lunga rampa di scale che è al di sotto del livello della strada. Questa caratteristica si trova anche in altre sinagoghe di epoca antica, come nella sinagoga di Praga del 1270, la Shul “Vecchionuova”, considerata la più antica d’Europa. L’interno è a pianta quadrata con tre navate. Sull’altare maggiore si trova un quadro di Antonio Campolongo, allievo di Bernardo Lama; ai lati i quadri di “Santa Caterina” e “San Francesco”. In alto i simboli della prima Congrega: il calice e l’ostia ed un drappo raffigurante Santa Caterina.
L’esterno della Chiesa
Sul portale un’antica iscrizione in ebraico, ormai quasi completamente erosa. Forse la stessa cui faceva riferimento il Ferrorelli nella sua pubblicazione sugli ebrei dell’Italia meridionale. Negli anni ’80 le lettere erano ancora visibili ma purtroppo con il passare del tempo sono andate perse. La sinagoga di Spina Corona è di grande importanza storica, in quanto risulta tra le sinagoghe d’Europa più antiche che hanno conservato la loro struttura originaria.
Un tale bene storico rinforza maggiormente l’immagine di Napoli come città d’arte tra le prime in Europa ed evidenzia il primeggiare nella durata dei siti storici di Napoli, a dispetto persino della forte sismicità della zona. Ma la chiesa di Santa Caterina Spina Corona non era il solo sito sinagogale presente nell’area.
Il portale marmoreo è di periodo romano e si pensa al riutilizzo del materiale esistente in loco o il riadattamento di una struttura di quel periodo. Infatti in questa zona sono stati ritrovati molti reperti di edilizia romana databili tra il I secolo a.e.v. e la prima metà del I secolo e.v. Risulta rifatto e rimodernato nel 1623, su progetto di Giovanni Ambrogio Mazenta; della sua fondazione, è arrivato a noi il solo stipite gotico del portale.
La sinagoga è fiancheggiata da un locale coevo che si presenta a pianta rettangolare, presumibilmente il luogo adibito al Bet Midrash. Oggi adibito a caffè
Ambienti divisi all’interno della sinagoga
Dall’interno del locale una stretta scalinata in tufo porta all’ambiente sottostante, che si presenta come una sala rettangolare divisa in due sezioni da un arco di tufo. La prima era utilizzata dalle donne per prepararsi al bagno. Sicuramente dei gradini permettevano il passaggio alla seconda sezione aldilà dell’arco. La sala anticamente doveva trovarsi ad un livello più basso dell’attuale. Poi successivamente la riempirono con i materiali di risulta provenienti dall’abbattimento degli edifici adiacenti alla piazza di Porta Nuova durante i lavori di risanamento.
Tutto questo non ci permette di comprendere se il mikveh consistesse in una grande vasca rettangolare o se invece fossero presenti diverse vasche singole. Quando il cardinale Crescenzio Sepe, fece visita alla Comunità ebraica, il cardinale affermò la disponibilità da parte della Chiesa a restituire il bene in comodato d’uso alla Comunità.
All’esterno, addossata alla Chiesa, si può ammirare la famosa fontana popolarmente chiamata “delle Zizze”. Secondo le intenzioni dell’Arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe, nel 2017 il complesso – sconsacrato ed adibito a deposito della Parrocchia – ritornò alla comunità ebraica.
La fontana delle zizze” placare la vulcanicità dei napoletani
La fontana delle zizze che troviamo oggi in Via Giuseppina Guacci Nobile, sulla parte della chiesa di Santa Caterina della Spina Corona, è oggi solo una copia. L’ originale che è conservata al Museo di San Martino.
Questa statua è un chiaro tributo a Partenope, la sirena che non riuscì ad ammaliare Ulisse. Ella fu trasportata dalle acque fino a morire sull’isolotto di Megaride, dove fondarono la città partenopea. La statua delle zizze, oltre al seno nudo, ha ali e piedi di uccello, appunto a simboleggiare la sirena. Essa venne costruita nel 1490 e restaurata nel 1540 dal viceré di Napoli Don Pedro di Toledo. Alcuni storici antichi sostenevano che sotto questa scultura ci fosse un’altra fontana, ma oggi non se ne hanno tracce.
La fontana che zampilla acqua dal seno poggia i piedi sull’alto rilievo del Vesuvio e l’acqua che sgorga dalle “zizze” dovrebbe spegnere i fuochi del vulcano. Su di essa è scolpita inoltre una viola che è simbolo della musica. Il legame imprescindibile della sirena che con il suo canto attirava a se i marinai per impedire loro di ritornare dalle proprie famiglie, e infine una scritta: “Vesevi Syrena Incendia Mulcet”. Purtroppo oggi non è più visibile ma pare che dovesse servire a spegnere il fuoco sterminatore del vulcano, in un periodo dove ne San Gennaro, e ne la Madonna ci riuscivano.
In realtà quel monito era rivolto a placare l’indole vulcanica dei napoletani, ma invece di capire il legame alla loro natura i partenopei continuarono a chiamare la statua “La fontana delle zizze”.