Un altro luogo meraviglioso da scoprire a Napoli è il complesso monumentale di Donnaregina. L’antico complesso monastico di Donnaregina, gravemente danneggiato dal terremoto del 1293, fu ricostruito grazie ai donativi della regina di Napoli Maria d’Ungheria, il cui grandioso monumento sepolcrale è oggi ubicato sul fianco sinistro della navata della chiesa trecentesca. Nella seconda metà del ’500 il monastero fu trasformato in linea con i dettami post-tridentini, realizzando un ampio chiostro porticato.
All’inizio del XVII secolo, con una decisione che costituisce un unicum nel panorama napoletano, le monache decisero di costruire ex novo una chiesa moderna, annettendo la prima alla zona di clausura. I due edifici, in origine comunicanti, furono separati con il restauro del 1928-34, quando, per ricostituire le forme gotiche della chiesa primitiva, si decise di accorciare, con un’ardita e complessa operazione di restauro ,di circa sei metri la profondità del coro della chiesa barocca.
La scelta di costruire una nuova fabbrica era evidentemente supportata dalla notevole disponibilità finanziaria
delle monache, appartenenti alla migliore nobiltà cittadina. Prima dell’apertura della piazza la chiesa seicentesca era costretta tra vicoli angusti, ma la facciata, che si imposta su un monumentale scalone realizzato nel 1780 su disegno di Angelo Barone, costituì sin dalla metà del ’600 il primo, chiaro messaggio del ruolo e dell’importanza del monastero nella vita religiosa cittadina.
Nelle due nicchie ai lati dell’ingresso le due monumentali sculture con Sant’Andrea e San Bartolomeo (1647) sono emblema solenne del prestigio connesso al possesso delle reliquie dei due santi, le cui raffigurazioni ricorrono puntualmente nel programma decorativo della chiesa. Programma decorativo che, grazie ai ritrovamenti documentari di Antonio Delfino, si delinea chiaramente come un progetto iconografico elaborato dalle monache e teso alla glorificazione della Vergine, di San Francesco, dei santi francescani e degli Apostoli Andrea e Bartolomeo. Alcuni dei dipinti che le fonti assegnano al XVI secolo, anteriormente alla fondazione della chiesa nuova, provenienti quindi di quella trecentesca, risultano oggi dispersi.
Santa Maria Donnaregina Vecchia si trova a pochi metri dal Duomo di San Gennaro: teoricamente farebbe parte del percorso del Museo Diocesano, che ha sede nella chiesa Nuova; tuttavia, poiché nei locali del convento ha sede la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università di Napoli, non è visitabile nella sua interezza, e spesso risulta chiusa per motivi accademici.
Si entra dal Chiostro dei Marmi, un’aggiunta settecentesca all’antica chiesa le cui forme attuali risalgono invece al ‘300: da qui possiamo ammirare la semplice facciata in stile gotico ormai quasi fagocitata da una palazzina privata costruita a ridosso dell’edificio. Sul piccolo rosone è possibile intravedere ciò che rimane dello stemma di Maria d’Ungheria, regina consorte di Napoli e principale benefattrice del convento: un’altra leggenda vuole che sia lei la “Donnaregina” che dà il nome alla chiesa.
Carlo d’Angiò aveva destinato l’antico tempio qui presente a prigione, ma fu Maria, dopo un terremoto, a voler rifondare il convento e a destinarlo alle monache clarisse, concedendo loro molte donazioni nel corso degli anni a seguire.
Alla fine del ‘600 le clarisse vollero una nuova chiesa più grande e moderna, senza però distruggere la vecchia: Donnaregina Nuova nasce dunque alle spalle della Vecchia in posizione speculare. Le absidi si toccano e un tempo era possibile accedere dall’una all’altra mediante un passaggio oggi scomparso, sostituito da alcune passatoie ai piani superiori del convento. Solo uno dei molti interventi che nel corso dei secoli hanno modificato profondamente l’aspetto della chiesa, che oggi appare dimezzata nella lunghezza e quasi priva di decorazioni.
“La leggenda di Donnalbina, Donna Romita, Donna Regina corre ancora per la lurida via di Mezzocannone, per le primitive rampe del Salvatore, per quella pacifica parte di Napoli vecchia che costeggia la Sapienza. Corre la leggenda per quelle vie, cade nel rigagnolo, si rialza, si eleva sino al cielo, discende, si attarda nelle umide e oscure navate delle chiese, mormora nei tristi giardini dei conventi, si disperde, si ritrova, si rinovella .Se volete, o miei lettori, io ve la narro”.
La storia di Albina, Romita e Regina Toraldo, così com’è narrata da Matilde Serao nel suo Leggende Napoletane, sembra ambientarsi in una Napoli tetra e lurida: le tre sorelle, innamoratesi malauguratamente dello stesso uomo, pur di non ferire le altre prendono il velo e investono la dote nella fondazione di un proprio convento. Questi edifici trigemini, ancora esistenti nel centro storico della città, presero i loro nomi, diventando le chiese di Santa Maria Donnalbina, Santa Maria Donnaromita e Santa Maria Donnaregina.
Ancora un luogo intriso di storia, leggende e misteri. Un altro luogo da visitare a Napoli per poterne capire le radici e godere delle sue meraviglie.
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