Un fenomeno anomalo, mare verde nel Golfo di Napoli
Un fenomeno anomalo in questi giorni, l’acqua del mare verde nel Golfo di Napoli
Un fenomeno anomalo si registra in questi giorni, l’acqua del mare è diventata verde nel Golfo di Napoli, quali sono le cause? Frutto di un’ inquinamento delle falde acquifere? Contaminazione fecale? Niente di tutto ciò. L’Arpa Campania rende noto, ad integrazione dei comunicati del 10 e l’11 luglio che, in esito alle analisi laboratoristiche, sono ora disponibili anche i valori dei parametri microbiologici Escherichia coli ed Enterococchi intestinali per i campioni di acque marine prelevati il 10 luglio nel Golfo di Napoli allo scopo di interpretare il fenomeno della colorazione anomala delle acque. I valori riscontrati sono tutti inferiori ai limiti di legge.
I risultati dei prelievi, effettuati nelle acque di balneazione “Posillipo”, “Donn’Anna”, “Lungomare Caracciolo”, “Via Partenope” e “Piazza Nazario Sauro” e pubblicati sul sito dell’Agenzia nella sezione “balneazione”, non evidenziano dunque presenza di contaminazione fecale, rappresentando un’ulteriore indicazione utile a ricondurre il fenomeno a una fioritura microalgale.
“Nel corso degli ulteriori sopralluoghi svolti martedì lungo il litorale di Napoli, l’acqua di mare si presentava nettamente stratificata con in particolare i primi 5/7 metri caratterizzati da colorazione verde, da alte temperature (28.5 – 29.58°C), da una salinità di circa 36 grammi/litro, anomala per la stagione che di norma registra sempre salinità di 38 grammi/litro, da alta torbidità e da una concentrazione di clorofilla ‘a’ tra 2 e 3.5 microgrammi/litro, che induce ad una sovrasaturazione di ossigeno. Tali caratteristiche confermano ulteriormente le indicazioni espresse nei precedenti comunicati, circa l’origine del fenomeno da collegare alle particolari condizioni meteo-marine in atto”, conclude l’Arpa Campania. (NapoliToday)
Le alte temperature e le nuove specie marine
Il cambiamento climatico causa improvvisi aumenti di temperatura e acidificazione che possono portare alla perdita di habitat e specie marine, e mutamenti nelle correnti e riscaldamento delle acque che stanno cambiando la distribuzione degli stock ittici e alterando la struttura degli ecosistemi.
Non è raro oggi vedere nel Golfo di Napoli un esemplare di squalo o di altra specie ittica nota soltanto nei mari tropicali. Dal 1880 l’oceano ha subito un aumento medio della temperatura pari a 1°C. Questo ha inciso sull’abbondanza di specie marine, costrette a spostarsi dalla zona di origine verso i poli per cercare di sopravvivere.
I ricercatori dell’Università di Bristol hanno scoperto che l’aumento della temperatura degli oceani oltre a indurre alla migrazione le specie marine, impatta anche sulla dimensione della popolazione. In uno studio dal titolo “Climate change drives poleward increases and equatorward declines in marine species”, pubblicato il 26 marzo su Current biology, il team di scienziati mostra che un numero sempre più crescente di “vita marina” si sta spostando verso i poli, lasciando meno popolata la zona equatoriale. Un fenomeno che va avanti da diverso tempo, dovuto all’accelerazione del cambiamento climatico che, dall’epoca preindustriale a oggi, ha reso gli oceani del mondo più caldi, in media, di 1°C.
Sempre più specie marine emigrano
“La sorpresa principale che abbiamo avuto durante questo studio è quanto siano pervasivi gli effetti del riscaldamento globale”, ha affermato l’autore Martin Genner, ecologo evoluzionista all’Università di Bristol. “Tutti i gruppi di vita marina che abbiamo esaminato hanno mostrato la stessa tendenza a migrare, dal plancton agli invertebrati marini, dai pesci agli uccelli marini”.
Il risultato è che centinaia di specie marine risulteranno sempre meno abbondanti nelle zone di “origine”, quelle dove ci si aspetta di incontrarle. Parliamo di pesci, mammiferi marini, rettili, fitoplancton, alghe marine e alghe (il risaldamento non fa distinzione e colpisce cibo e habitat, prede e predatori), tutte colpite dagli effetti negativi del riscaldamento globale, che ora si vedono costrette a migrare verso acque più fredde, o verso il polo Sud o verso il polo Nord, per sopravvivere.
I ricercatori per arrivare a questa conclusione hanno prima esaminato le informazioni presenti nelle banche dati, raccolte nel corso degli anni, e poi effettuato un’analisi dei campionamenti in base all’abbondanza e alla stagionalità della vita marina. Per il team guidato da Genner, che ha testato 304 specie, la tendenza è chiara: nei luoghi più vicini ai poli l’abbondanza della popolazione di una singola specie, e la varietà di specie presenti, risulta maggiore mentre il declino nella zona equatoriale è sempre più evidente.
“È un importante risultato, che implica che i cambiamenti climatici non stanno solo portando a cambiamenti di abbondanza, ma influenzano intrinsecamente le prestazioni delle specie a livello locale”, ha continuato Genner. “Stiamo assistendo a una modifica degli assetti naturali. Vediamo specie come il pinguino imperatore che diventano meno abbondanti quando l’acqua sale di temperatura, e vediamo alcuni pesci, come la spigola europea, prosperare in zone prossime ai poli dove storicamente risultavano rari. Ma se da una parte alcune specie sono in grado di adattarsi al riscaldamento oceanico, dall’altra i risultati indicano che assisteremo a una costante perdita di vita marina”. (Asvis)