In essa trovò sepoltura il beato Nunzio Sulprizio ed in seguito alla sua canonizzazione nel 2018 la chiesa ha cambiato denominazione in chiesa dei Santi Domenico Soriano e Nunzio Sulprizio. La nobildonna Sara Ruffo di Mesurica elargì un donativo di 800 ducati al domenicano Tommaso Vesti . Con questi soldi costruirono il tempio e l’annesso convento.
Il progetto della chiesa di San Domenico Soriano
Nella progettazione della chiesa è molto probabile un intervento diretto da parte di fra’ Giuseppe Nuvolo. La costruzione del monastero cominciò tra 1673 ed il 1685 su progetto di Bonaventura Presti, a cui seguirono poi Giuseppe Caracciolo e Francesco Antonio Picchiatti. Durante il XVIII secolo Nicola Tagliacozzi Canale attuò un ulteriore ampliamento.
Il monastero non ebbe vita lunga e subì numerosi rimaneggiamenti sia esterni che interni, cambiando spesso destinazione d’uso. L’intero complesso finì per essere utilizzato come caserma fino al 1850.
Nel 1600, l’interno, composto da tre navate e cappelle laterali, è costituito da un ricco e raffinato arredo barocco su progetto di Cosimo. Lo stesso artista per la stessa eseguì anche l’altare maggiore.
Tuttavia la chiesa fu interessata nei secoli successivi da diversi lavori integrativi. La facciata principale su piazza Dante rimane pressoché quella originaria: pietre laviche vesuviane e con le sculture dei santi Tommaso d’Aquino (a destra) e Domenico di Guzman (a sinistra). Negli interni, invece, ai lavori barocchi per lo più del Fanzago, seguirono altre decorazioni in stucco e marmo sette-ottocentesche. La medesima datazione vale per tutti i cicli di affreschi della volta e delle cappelle.
Gli interni della chiesa di San Domenico Soriano
Nella prima cappella sulla sinistra si trova la tomba di Alessio Falcone Rinuccini, decorata da opere di Giuseppe Sanmartino su disegno di Ferdinando Fuga del 1758. Nella terza cappella a sinistra è di Giacinto Diano la Vergine che presenta l’immagine miracolosa di San Domenico Soriano.
Sul transetto a sinistra è collocata una tela di Luca Giordano raffigurante la Madonna del Rosario eseguita nel 1690. In quello di destra invece un’altra Madonna del Rosario è attribuita ad Onofrio Palumbo.
La volta è affrescata da Salvatore Cozzolino e Vincenzo Galloppi con le Storie di santi Francescani e Domenicani (1882). Questi lavori rimpiazzarono i precedenti cicli di Mattia Preti del 1664 sulla Gloria di San Domenico di Guzman, poi andate perduti.
Altre pitture e sculture seicentesche della chiesa hanno attribuzione ignota di scuola comunque napoletana. Alcuni affreschi ottocenteschi sono attribuiti a Bernardino Castelli, altri di mano certa sono invece di Luigi Scorrano e Luigi Fabron, che esegue nel 1874 un San Luca.
Dal cappellone del transetto destro si accede nell’Arciconfraternita della Madonna del Rosario. Quì è conservato il corpo di Nunzio Sulprizio e sulle pareti si conservano tele sagomate del Farelli, alcune datate 1703. Esse, in precario stato di conservazione appalesano una caduta nella qualità dello stile, fiacco e ripetitivo. Esse rappresentano, a sinistra dell’altar maggiore, l’Annunciazione, la Visitazione e la Natività ed a destra la Caduta sotto la croce, l’Incoronazione di spine e la Presentazione al Tempio (frammentaria).
La progettazione del chiostro
Alla chiesa è collegato un chiostro realizzato dal domenicano Fra’ Tommaso Vesti che giunse in città dalla Calabria intorno agli inizi del XVII secolo. Nella seconda metà del secolo i domenicani incaricarono all’architetto bolognese Bonaventura Presti di progettare il nuovo chiostro e di ampliare il luogo sacro. Il Presti elaborò differenti disegni, nei quali il luogo di clausura assumeva una notevole importanza.L’architetto doveva rappresentare l’ambiente in cui si svolgevano tutte le più importanti azioni della vita conventuale.
L’architetto ipotizzò anche lo sfruttamento totale del suolo su cui si stava costruendo il monastero. Tra le proposte i monaci scelsero la soluzione che precedeva la realizzazione di un chiostro con cinque arcate per nove. Esse erano sorrette da altrettanti pilastri in piperno, con al centro un pozzo simile a quello di San Gregorio, e con accesso attiguo alla facciata della chiesa.
Secondo il progetto del Presti, una scala posta sul fondo del lungo porticato avrebbe condotto ai piani superiori. Quì erano collocate le celle dei monaci che si aprivano in parte sul chiostro e in parte sulla piazza. Mentre le botteghe dovevano sorgere nei lati più lunghi e date in fitto ai privati. I frati si opposero a tal scelta e l’architetto fu costretto ad apportare modifiche che delimitarono in modo netto lo spazio laico destinato ai privati e quello sacro destinato ai religiosi.
I Domenicani, giudicato troppo esteso quest’ultimo disegno, decisero di ascoltare il parere di alcuni esperti tra cui Francesco Antonio Picchiatti. Questi completò il progetto dopo l’estromissione di Bonaventura Presti. Il Picchiatti si limitò a porre in opera e a controllare le direttive degli stessi religiosi. In molte occasioni si ispirarono al progetto del precedente. Ancora oggi, malgrado le modifiche apportate in epoche successive, è possibile riconoscere l’impianto originario nel portale d’ingresso adiacente alla chiesa e nei pilastri del chiostro.
Tra il 1673 e il 1685 la costruzione del complesso era quasi terminata. Rimaneva incompleto il chiostro, di cui fu eretta solo un’ala, terminata nel XVIII secolo su progetto di Nicola Tagliacozzi Canale. Egli ridusse lo spazio da pianta rettangolare, come era previsto nel Seicento, a pianta quadrata con cinque arcate per sei. Nella seconda metà del XVIII secolo il chiostro poté definirsi terminato.
Nel 1808 l’originaria funzione del chiostro cambiò radicalmente. Nel 1850 divenne caserma militare, poi guardia di pubblica sicurezza ed infine ufficio comunale. In seguito a queste destinazioni apportarono modifiche che distrussero il manufatto. La struttura di quest’ultimo può tuttavia essere ancor oggi percepita dietro gli elementi in metallo e vetro che attualmente ospitano gli archivi anagrafici del comune.
La chiesa è oggi visitabile e aperta al pubblico, il monastero ed i locali del chiostro ospitano invece alcuni uffici del comune di Napoli, II municipalità.
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