Miti , leggende e tradizioni della Napoli di ieri e di oggi: la leggenda del coccodrillo del Maschio Angioino
La leggenda del coccodrillo del Maschio Angioino
A Castel Nuovo, meglio conosciuto come Maschio Angioino, è legata una leggenda legata ad un coccodrillo impagliato.
Prima tra tutte è quella che vede coinvolto nel racconto il re aragonese Ferrante, figlio di Alfonso il Magnanimo, che pare utilizzasse una cella dei sotterranei, detta Fossa del Miglio, per rinchiudere i prigionieri condannati alle pene più dure. Come ogni castello che si rispetti, anche in questo caso ci sono dei sotterranei, uno dei quali porta il sinistro nome di “fossa dei coccodrilli”.
Narra la leggenda che i prigionieri rinchiusi nei locali sotterranei adibiti a prigione scomparissero all’improvviso in circostanze misteriose; aumentata la vigilanza non si tardò a scoprire la causa delle sparizioni: da un’apertura entrava un coccodrillo che azzannava i prigionieri alle gambe e li trascinava in mare. Un enorme coccodrillo era riuscito a trovare un passaggio per penetrare nella prigione. Così riusciva a trascinare in mare i poveri sventurati che riusciva a mordere.
Pare che l’animale fosse giunto a Napoli seguendo una nave proveniente dall’Egitto. Appurato il fatto, si decise di dare in pasto al coccodrillo tutti i prigionieri che si voleva eliminare senza senza troppo clamore. Una volta morto, l’animale venne impagliato ed appeso sulla porta d’ingresso al Castello.
Il Maschio Angioino è tra i simboli più celebri di Napoli. Il suo indimenticabile portale rinascimentale e la sua imponente struttura sono riconoscibili da tutti. Realizzato in soli tre anni sotto gli Angioini, abbellito dagli Aragonesi, sede reale e vicereale, ad un tempo fortezza, sede del tesoro e prigione. Un luogo ricco di Storia e di leggende, come l’incredibile vicenda che vede come protagonista un… coccodrillo.
Un’altra versione della leggenda
Un’altra versione, molto probabilmente più vicino alla realtà, sostiene che il rettile finito esposto sopra il portale d’ingresso non fosse altro che un ex voto.
Durante il Medioevo, un soldato napoletano, o più probabilmente un marinaio partenopeo, di ritorno dall’Egitto, avrebbe portato un coccodrillo nilotico impagliato, come simbolo del buon esito del viaggio, per donarlo all’immagine della Madonna del Parto che si trovava esposta nella cappella palatina della fortezza.
Per 150 anni i resti di questo grande rettile sono stati conservati nei depositi del Museo di San Martino, completamente dimenticati. Nel 2020, grazie ad un team di esperti, è stato studiato il suo DNA estraendolo dalla radice di un dente.
Le ricerche hanno dimostrato che la leggenda dell’ex voto è quella più verosimile. Il coccodrillo dovrebbe provenire dal Nilo, e sarebbe vissuto in un periodo che va dal 1296 al 1419.
La scoperta che ha svelato il mistero
La scoperta risale a qualche anno fa, era infatti il 2019 quando durante gli scavi dei volontari della Galleria Borbonica accadde qualcosa che fin da subito scatenò l’entusiasmo dei presenti prima e in seguito dell’intera popolazione.
Esattamente dalle viscere di Pizzofalcone sono emersi denti aguzzi e ossa e a tutti fu chiaro che potessero appartenere a un antico animale e che forse il Maschio Angioino finalmente svelava il segreto di una delle sue tante leggende.
Probabilmente si trattava proprio del coccodrillo ormai divenuto leggendario che, secondo il mito napoletano tramandato da secoli, per un ampio periodo ha dominato, sempre celando la sua esistenza, il sottosuolo del Maschio Angioino.