Uno studio svela correlazione tra i vaccini anticovid e l’aumento delle miocarditi e di cancro
I vaccini a mRNA hanno provato l’aumento di miocarditi e cancro
Quanto dura l’immunità dei vaccini contro il Covid-19? Poco, molto poco. E ora possiamo dirlo senza tema di smentita; senza essere tacciati di essere “No vax”, etichetta alquanto omnicomprensiva, affibbiata a chiunque osasse, o tuttora osi, pensare diversamente dalla narrativa dominante. E’ di recente pubblicazione lo studio condotto dall’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione delle malattie) che attesta intorno ai tre mesi (solo tre mesi) la piena copertura contro il virus.
Ora diamo conto di un’altra ricerca, dagli esiti analoghi in merito alla (non) efficacia, dei vaccini. Essi risultano, anzi, controproducenti nell’affrontare il virus. Questo nuovo studio, pubblicato nella sezione “Vaccines” di MDPI – editore di riviste scientifiche di tipo Open access – è frutto del lavoro dei ricercatori Vladimir N. Uversky, Elrashdy M. Redwan, William Makis e Alberto Rubio-Casillas. Lo studio incentrato essenzialmente sulla famosa, o meglio famigerata, biotecnologia a mRNA dimostra che essa potrebbe comportare l’instaurazione di una tolleranza della proteina Spike SARS-CoV-2, “generata da cellule ospiti in risposta alla vaccinazione”. È appena il caso di ricordare che persino lo inventore della tecnologia a Mrna, Robert Malone, si è sempre detto contrario al suo utilizzo nei vaccini.
Le ospedalizzazioni sono risultate maggiori nei soggetti inoculati
Le malattie gravi e le ospedalizzazioni sono risultate maggiori nei soggetti inoculati. Questo già era emerso dal già citato studio dell’Ecdc. Ora, secondo questa nuova ricerca, diversi mesi dopo la seconda immunizzazione con il vaccino Pfizer, gli anticorpi specifici della SARS-CoV 2 erano composti principalmente da anticorpi IgG4 non neutralizzanti, “che sono stati rafforzati ancora di più da una terza vaccinazione con mRNA”. Perché sia chiaro anche a noi profani, gli anticorpi IgG4 sono le immunoglobine coinvolte nella risposta immunitaria dell’organismo umano.
“Prove emergenti”, secondo lo studio, suggeriscono che l’aumento segnalato dei livelli di IgG4 potrebbe non essere un meccanismo protettivo e, piuttosto, costituirebbe un meccanismo di tolleranza immunitaria alla proteina Spike. Questa, a sua volta, “replica“ l’infezione, sopprimendo le risposte antivirali naturali. Complessivamente, tre sono i fattori critici che determinano il passaggio alla classe degli anticorpi IgG4: eccesso di antigene concentrazione, vaccinazione ripetuta e tipo di vaccino utilizzato.
La vaccinazione ripetuta indebolisce il sistema immunitario
Sulla vaccinazione ripetuta non c’è molto da dire che non si sappia. Secondo i dati ultimi, praticamente nessuno intende continuare con i “richiami” periodici, mentre laddove è menzionato “il tipo di vaccino utilizzato” ci si riferisce appunto a quelli a mRNA prodotti da Pfizer e Moderna. In buona sostanza, ciò significa che la vaccinazione ripetuta indebolisce il sistema immunitario. Inoltre i vaccini che utilizzano le tecnologie dell’mRNA inducono la produzione da parte del corpo umano di una replica fedele della proteina Spike, generando processi di immunoinfiammazione. Dunque, la proteina Spike consente al virus di ancorarsi alle cellule umane tramite il suo recettore Enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2). Ma quando lo stesso ACE2 è “occupato” dal suo legame con il virus, non può più svolgere il suo ruolo antinfiammatorio essenziale. Sicché è emerso che la Spike acceleri la precipitazione di altre proteine, ad esempio le proteine Amyloid beta.
Quello che è grave è l’aumento della sintesi di IgG4, “dovuta alla vaccinazione ripetuta con mRNA con elevate concentrazioni di antigene”. Questa pratica può anche causare malattie autoimmuni, e “promuovere la crescita del cancro e la miocardite autoimmune in individui sensibili”. Ecco che, al di là della contaminazione da DNA nei vaccini a mRNA, di cui abbiamo scritto in passato, emerge inoltre una ulteriore criticità dei vaccini contro il Covid. Se prevenire il ricovero ospedaliero e le malattie gravi nei soggetti con comorbilità era l’obiettivo, è stato clamorosamente fallito, generando l’effetto contrario. E non è un paradosso, anzi era piuttosto prevedibile, almeno secondo tale analisi. Essa puntualizza come l’immunità naturale offra “una protezione più forte e più duratura contro infezioni, sintomi e ospedalizzazione rispetto all’immunità indotta dal vaccino”. (Il Paragone.it)